La storia di Iurie, come tantissime altre storie di famiglie moldave, ci racconta il desiderio di normalità e di ristabilire equilibri affettivi spezzati troppo presto, per via della necessità di dover emigrare. Iurie ha 44 anni ed è oggi alle prese con le procedure di ricongiungimento familiare richiesto in Italia da sua moglie, la quale dal 2010 lavora in Italia, a Murano, in provincia di Venezia. Insieme hanno due figlie, di 18 e 20 anni che vivono con il padre in Moldavia.
La voglia di ricomporre il proprio nucleo familiare esiste però da sempre. Per capire come muoversi per affrontare le varie peripezie burocratiche previste, Iurie, munito di passaporto moldavo, si è recato poco tempo fa in Italia per far visita alla moglie e per raccogliere il maggior numero di informazioni utili sul percorso giusto da seguire. Qui ha preso conoscenza di alcuni importanti dati: che per ottenere il visto per il ricongiungimento familiare doveva passare per l’Ambasciata Italiana, aperta agli inizi del 2009 a Chisinau, la capitale della Repubblica Moldova, ma soprattutto che, sempre a Chisinau, erano iniziate le attività previste dal Progetto FORM@, che si pone l’obiettivo di facilitare il percorso di integrazione all’interno del tessuto sociale e culturale italiano dei destinatari della procedura di ricongiungimento familiare.
«Mi chiamo Mayoro Tidiane, ho sedici anni e amo il basket. A mio fratello Youssoupha, che ha quattro anni meno di me, piace tanto andare in bicicletta ed è davvero contento da quando ha saputo che in Italia esistono piste ciclabili e grandi parchi per fare lunghe passeggiate su due ruote. Nostro padre ci dice sempre che è un bel paese».
Mayoro Tidiane e Youssoupha sono figli di Cheikh, che abita a Lecco e lì coltiva un piccolo grande sogno: riabbracciare i suoi bambini grazie al progetto Form@. Quei ragazzi nati a Dakar e cresciuti a Yoff, quartiere e villaggio di pescatori sorto sulla sabbia ai margini nord della capitale senegalese. È quello il regno dei pescatori tradizionali Lebu, obbligati a tirare i remi in barca da quando sono arrivati i grandi pescherecci cinesi ed europei.
«Yoff era un bel posto, vivace. Ci conoscevamo tutti e le porte di ogni casa erano sempre aperte. E poi c’erano il mare, la spiaggia e gli amici con cui andavamo a spasso e giocavamo ai videogames», raccontano Mayoro Tidiane e Youssoupha. Anche loro, ormai da un anno, hanno dovuto tirare i remi in barca trasferendosi a Thies, città a settanta chilometri a est di Dakar, dove oggi studiano. A Thies non c’è la stessa sabbia di Yoff, non c’è il sorriso dei pescatori, l’aria profuma sempre di industria e miniere ma mai di salsedine.
I due fratelli esprimono un desiderio: «In Italia speriamo di trovare una buona scuola e tanti nuovi amici. Ci hanno insegnato che i bambini italiani vanno tutti a scuola. In Senegal purtroppo non è così. Abbiamo anche imparato che gli ospedali italiani ti curano sempre, anche se non hai i mezzi per pagare. Questo è davvero bello».
Altrettanto bello è il sogno di ricongiungimento che lega Mayoro Tidiane e Youssoupha a Cheikh. Un sogno che i ragazzi inseguono studiando l’italiano, anche grazie ad un’applicazione linguistica, perché disposti ad ogni sforzo pur di integrarsi.
E se la spiaggia di Yoff è un enorme tappeto di sabbia che – si narra – un tempo arrivasse fino in Mauritania, i due fratelli sognano una distesa che li conduca fino in Italia, fino alle braccia del loro adorato papà.
Il Progetto FORM@ è stato portato in evidenza anche alla annuale Festa religiosa Senegalese di Treviso oramai alla sua 23esima edizione. Momento di grande partecipazione per i senegalesi in Italia che qui si riuniscono in preghiera nel capiente palazzetto dello sport di Conegliano coniugando al momento di fede le occasioni di incontro e socializzazione.
“Sono tifoso del Real Madrid e del Paris Saint Germain, ma mi piacciono molto anche la Juventus e il Milan. Amo giocare a calcio, iniziai da piccolo con mio padre”.
Boubacar Sakho ha 17 anni e viene da Dakar, in Senegal, terra il cui simbolo è il baobab, albero secolare considerato custode della vita. Il Senegal è bello e povero, terra di pace e di dolore. Boubacar lo sa bene, come lo sapeva bene suo padre, fuggito dall’ombra del baobab per venire a lavorare in Italia. Boubacar dice di non conoscere quale sia esattamente l’attuale lavoro del genitore, ma dice di volerlo riabbracciare e per questo il padre ha fatto domanda di ricongiungimento familiare ed ha incontrato il progetto Form@.