
“Guardi questa terra, non è meravigliosa?”, mi ha chiesto una sera una contadina ucraina davanti a un oceano di messi nel vento. Le ho risposto: “Potrebbe nutrire tutta Europa”. Allora lei, come a se stessa: “Perché allora siamo così poveri? Perché milioni di noi emigrano? Perché c’è tanta terra incolta? Perché tante donne vanno in Italia a badare ai vostri vecchi?”.
Così, nel 2008, lo scrittore Paolo Rumiz raccontava il viaggio che lo ha portato a percorrere “l’altra Europa”, quella della frontiera orientale, quel grande fazzoletto di terra in cui è inclusa anche l’Ucraina. Paese in cui la migrazione verso l’Italia esiste fin dalle fine del secolo scorso: ragioni economiche e politiche hanno fatto in modo che molti ucraini, anzitutto donne, partissero verso il Belpaese alla ricerca di un futuro migliore. Così è stato anche per Lyudmyla.
“Sono nata 43 anni fa a Kolodribka, un piccolo paese ucraino della provincia di Ternopoli. In Italia sono arrivata nel 2005, perché nel mio Paese d’origine la vita non era affatto facile: a casa, insieme a mia mamma, avevamo una piccola proprietà di bestiame e agricoltura che ci dava da vivere, ma non era abbastanza. Ho deciso di lasciare tutto e partire, sperando di poter risolvere i miei problemi economici ed offrire a mia figlia Mariya, che oggi ha 18 anni, un futuro migliore”, racconta Lyudmyla.
Un’esistenza ardua, quella che questa donna testimonia: “Ho dovuto crescere mia figlia da sola e tanti sono stati i sacrifici per farla star bene. Purtroppo in Ucraina non è semplice trovare un lavoro, non ci sono possibilità di scelta, per non parlare degli stipendi”.
Appena arrivata nel nostro Paese, Lyudmyla ha vissuto per qualche tempo da irregolare poi, piena di forza di volontà, ha trovato lavoro a Milano ed è riuscita ad ottenere il permesso di soggiorno. “All’inizio per me è stato davvero tanto difficile perché non conoscevo la lingua, non potevo comunicare, la mancanza della mia famiglia pareva insopportabile. Col tempo la situazione è migliorata e ho iniziato ad integrarmi”, racconta la donna.
Lyudmyla è diventata badante di un’anziana signora con cui ha intessuto un rapporto di affetto reciproco e, negli anni, ha continuato ad essere supportata dalla vicinanza di tanti amici, sia ucraini che italiani. Consigli, sostegno e appoggio reciproco sembrano però non bastare mai. Un tassello fondamentale continuava a mancare dal puzzle della vita della donna: sua figlia. Per questo motivo, Lyudmyla e Mariya hanno deciso di usufruire del Progetto Form@, che si pone l’obiettivo di facilitare i percorsi di ricongiungimento familiare attraverso la formazione pre-partenza, mettendo a disposizione servizi che pongono particolare attenzione sulla conoscenza della lingua, l’educazione civica e lo studio del patrimonio culturale e valoriale del Paese di destinazione.
“Vorrei che mia figlia Mariya realizzasse il suo sogno: diventare medico. Fin da bambina, ha sempre detto di studiare medicina e spero che proprio qui, in Italia, questo desiderio possa compiersi. Dal Progetto FORM@, mi aspetto supporto e la possibilità di ottenere il visto che, ora come ora, è il nostro primo obiettivo”, dice questa mamma a cui fanno eco le parole della figlia diciottenne.
Mariya, infatti, racconta: “Da ormai 13 anni, vivo insieme a mia nonna in Ucraina. Pur essendo legata alla mia famiglia e ai miei luoghi d’origine, per tutto questo tempo non ho fatto che sognare di riabbracciare mia madre”. Lontananza e sacrifici testimoniano la forza di questa giovanissima donna, il cui sogno di ricongiungimento si lega a quello di realizzazione personale.
“Al momento, la mia vita è incentrata sullo studio. L’altro mio grande amore è la lettura. Nel fine settimana, aiuto mia nonna col bestiame e con la cura del raccolto. Spero di potermi laureare in medicina, magari proprio in Italia, dopo aver visto esaudirsi quello che rimane comunque il desiderio più grande: stare accanto a mia mamma, di cui tanto sento la mancanza”, dice la giovane.
Dunque, molte le attese legate al ricongiungimento famigliare e all’approdo in un Paese nuovo, che non spaventano Mariya, anzi la stimolano: “In Italia spero di stringere nuove amicizie ed imparare molte cose nuove. Un percorso di scoperta che ho già intrapreso per merito del progetto Form@, iniziando a studiare l’italiano”.
Una storia fatta di fatica e speranza, di distanza e volontà, che conferma come non si sia mai troppo distanti da non potersi ritrovare.